“La bellezza sta nel vedere… nel vedere la realtà senza pregiudizi.”
Giuliano Adonai
“Mai,in nessuna epoca della storia è stata offerta all’uomo una meta come questa, concreta e razionale e al tempo stesso irraggiungibile e utopistica”
Alberto Moravia
La frase pronunciata da Neil Armstrong: “un piccolo passo per un uomo, un enorme balzo per l’umanità”, prima di posare il piede sul suolo lunare, alle ore 2,56 e 17 secondi ora di Greenwich del 21 luglio 1969, festeggia il suo cinquantesimo compleanno.
Fig. 3: Titolo di testa del 21 luglio 1969. Anche allora come oggi ci si lamentava del caldo anomalo. Archivio personale
E’ stata una delle frasi icona del secolo scorso, ascoltata in diretta da mezzo mondo, grazie all’eccezionalità dell’evento: la prima volta, nella storia dell’umanità, un uomo camminava su un suolo che non apparteneva al pianeta Terra.
Icona come “il concerto sul tetto” dei Beatles il 30 gennaio 1969 ed il loro ultimo album capolavoro Abbey Road con le canzoni: Come Together, Here Comes the Sun e Something; oppure Space Oddity di David Bowie ispirata dal programma Apollo: riproposta recentemente dall’astronauta canadese Chris Hadfield, con un video registrato a maggio del 2013 a bordo della ISS (Stazione Spaziale Internazionale).
Le precedenti ricorrenze si limitavano ad operazioni di nostalgia (vedi Fig. 4), senza alcuna prospettiva di future altre missioni umane sulla Luna o nello spazio a parte quello
Fig. 4: Logo celebrazioni dei quarant'anni. Crediti NASA
vicino alla Terra che conta una presenza stabile dell’uomo, da almeno vent’anni, solo sulla ISS (Stazione Spaziale Internazionale). Oggi l’interesse è cresciuto, la Cina sta esplorando con Rover e sonde l’altra faccia della Luna, l’India ed Israele si sono lanciate anche loro con ambiziosi progetti, anche se quello israeliano è naufragato nella parte finale, ma non è escluso un altro tentativo. L’interesse per lo spazio poi non è più solo coltivato dagli Stati nazionali, ma anche da imprese private che stanno attivamente contribuendo alle missioni spaziali, tanto da far progettare alla NASA per il 2024 Artemis il ritorno sulla Luna con una base permanente sia in orbita lunare che sulla stessa superficie, quale trampolino di lancio per le prime missioni umane su Marte, prova ne è anche il logo della celebrazione del cinquantenario del primo allunaggio che raffigura entrambi i corpi celesti (vedi Fig. 1), uniti da una linea che ricorda un lungo ponte che li unisce.
La stessa ESA incomincia a sognare una base permanente sul nostro satellite favorendo progetti per il raggiungimento di tale fine.
Fig. 5: Titolo di testa del 21 luglio 1969 del Corriere della Sera con altri memorabilia: disco in vinile 45 giri dell'Europeo, gli inserti speciali di Epoca e gli stemmi adesivi regalati da epoca. Archivio personale.
Dopo cinquant’anni dal raggiungimento della meta, che da sempre ha affascinato l’umanità (prova ne sono: i miti, i riti pagani ed esoterici, i resti megalitici, con riferimenti astronomici inequivocabili all’astro notturno, i numerosi riferimenti nelle arti visive e letterarie, dei quali è piena l’iconografia della storia dell’arte e dell’uomo) finalmente si torna a sognare di nuove imprese con l’uomo protagonista.
Non è mia intenzione, in queste riflessioni, riassumere la missione Apollo 11 di quel lontano luglio 1969, per questo i media sono molto più efficaci e basta accendere la televisione o recarsi in qualsiasi edicola per apprezzarne la vasta offerta. Né tanto meno lanciarmi in sterili polemiche ed analisi se effettivamente l’uomo è stato o non è stato sulla Luna o se la Terra è o non è sferica, questo lo lascio alla inconsistenza dei Social. Non a caso, in testa all’articolo, ho riportato una frase dell’Artista padovano, trapiantato a Milano, Giuliano Adonai, tratta dal suo libro intitolato “E sì morì nel bel fiorir”, sugli ultimi giorni di vita del Giorgione. Vedere la realtà senza pregiudizi, è sempre stato enormemente difficile per l’uomo, eppure non è complicato aprirsi alla semplicità di questo “vedere” per apprezzare la bellezza di quanto ci circonda. Spesso il pregiudizio ci ottenebra, obbligandoci alla dietrologia, non facendoci cogliere l’attimo fuggente e l’essenzialità delle cose per quello che sono, e di questo limite siamo un po’ tutti affetti, anche il sottoscritto!
Fig. 6: Carta telefonica da L.5.000 emessa nel 1987 da Telecom scadenza 30.06.1999. Archivio personale
Tornando a quella notte del 21 luglio di cinquant’anni fa, le parole di Armstrong volevano sintetizzare che, il suo piccolo passo, era il risultato di un grande lavoro collettivo, volto alla conquista di una nuova frontiera per l’umanità e non solo della nazione che rappresentava (anche se la bandiera lasciata a “garrire” al vento solare è quella degli USA). Oggi si può affermare, che fu proprio il successo di quella missione, che ha favorito l’enorme balzo, fin qui conseguito, dall’umanità: quasi interamente interconnessa in tempo reale, dove le frontiere dei 196 stati sembrano anacronistiche, ed effettivamente “il battito di un’ala di farfalla” crea una turbolenza che si espande per tutto il pianeta. Un balzo che ci ha portato ad esplorare con sonde automatiche l’intero sistema solare, a comprendere che il nostro Sole non è peculiare e l’unico con dei pianeti ma che a cento miliardi di stelle della Via Lattea corrispondono quasi altrettanti sistemi planetari.
L’avventura della conquista della Luna, della quale siamo stati testimoni, per chi come me era già nato (avevo allora 10 anni), ha radicalmente cambiato il nostro modo di vivere e pensare al mondo ed alla vita. Le ricadute tecnologiche di quanto sperimentato per il successo delle missioni, hanno fortemente influenzato la tecnologia, tanto che possiamo riconoscere ancora oggi, negli strumenti di uso quotidiano, i prolegomeni degli strumenti utilizzati dalla NASA per il successo del programma Apollo. Un epilogo profetizzato da Alberto Moravia, in un articolo sull’Espresso, pubblicato il 16 luglio del 1969 (giorno del lancio di Apollo 11), ma scaturito da un’intervista, al dottor George Mueller, Associate Administrator for Manned Space Flight, a Washington, avvenuta giorni prima della data di pubblicazione, incentrata sulla domanda: “Qual’è lo scopo dell’esplorazione spaziale?” (siamo sì nell’era dell’esplorazione spaziale, ma anche negli anni della contestazione giovanile dove la parola d’ordine era “la fantasia al potere”). La risposta che riceve è: “Lo scopo dell’esplorazione spaziale è il progresso scientifico e più particolarmente lo studio della possibilità per l’uomo di vivere nello spazio”. Nel corso dell’intervista il dottor Mueller afferma anche: “Creare una meta nuova all’umanità. Una meta che potrebbe soppiantare tante altre mete meno degne e sopratutto meno vere”. Moravia interpreta questa ulteriore spiegazione nel seguente modo: “In altri termini lo scopo dell’esplorazione spaziale sarebbe di dare uno scopo all’umanità. Una meta insieme finita ed infinita. Per la prima volta il reale ed il razionale minacciano di identificarsi per sempre.(l’Espresso 50 anni, 1965-1974 Vol. II)
Fig. 7: Rivista L'Europeo in edicola il 31 luglio 1969. Archivio personale
L’intero programma Spaziale degli USA degli anni sessanta e settanta del novecento, nato dai precedenti Mercury e Gemini, progetti propedeutici alle missioni finali del progetto Apollo, ha prodotto anche un Club, molto esclusivo e speciale, composto dai dodici uomini che avevano posato il piede su un suolo extraterrestre. Di quei moderni Colombo oggi (data di compilazione di queste riflessioni) ne sono ancora tra noi solo quattro.
Li ricordo tutti, di seguito, in ordine di missione con l’anno di nascita e quello di morte:
Apollo 11
Neil Armstrong (1930 – 2012) Buzz Aldrin (1930)
Apollo 12
Charles Conrad (1930 – 1999) Alan Bean (1932 – 2018)
Apollo 14
Alan Shepard (1923 – 1998)
Edgar Mitchell (1930 – 2016)
Apollo 15
David Scott (1932)
James Irwing (1930 – 1991)
Apollo 16
John Youg (1930 – 2018)
Charles M. Duke (1935)
Apollo 17
Eugene Cernan (1934 - 2017) Harrison Schmitt (1935).
Buzz Aldrin ne è diventato il decano sia per età che per graduatoria di sbarco sulla Luna.
Vale la pena ricordare anche Konstantin Tsiolkovsky che teorizzò, nel 1903, un’astronave che partiva dalla Terra per esplorare l’ambiente esterno (i suoi studi sui propellenti liquidi sono stati alla base di quanto ancora oggi utilizziamo per spedire in orbita un carico), Robert Goddard ed Hermann Oberth, il primo testò e progetto vari modelli di razzi in proprio, il secondo lavorava in Germania nello stesso campo, con meno lanci ma più pubblicazioni. A Goddard oggi è intitolato Il Goddard Institute of Space Sciences della NASA, il secondo invece ha avuto un brillante assistente: Wernher Von Braun, progettista delle micidiali V-2 della Germania Nazista, approdato poi alla NASA ove ha contribuito allo sviluppo dei lanciatori nel 1950. Ma il vero padre spirituale di queste avventure spaziali è stato Jules Verne, che ha ispirato lo stesso Tsiolkovsky nel suo lavoro e nelle sue idee.
Verne, nel suo profetico romanzo “Dalla Terra alla Luna”, s’immagina l’utilizzo di un super cannone, tanto potente da poter sparare un proietto, con degli uomini dentro, sin fuori dall’attrazione gravitazionale terrestre, per raggiungere il nostro satellite. Figlio dei suoi tempi e colpito da quello che leggeva nei resoconti giornalistici sulla guerra di secessione, viene a sapere che i grossi calibri di artiglieria dell’esercito federale venivano chiamati Columbiads. Il cannone più grosso (Columbiad Rodman) riusciva a sparare un proiettile a palla, di mezza tonnellata, a sei miglia di distanza. Ecco che la sua immaginazione, nel 1865, crea la Columbiade, il cannone lunare di Stone’s Hill (in Florida altra premonizione), costruito in ghisa dello spessore di 2 metri, con una canna lunga 274 metri ed un foro di tre metri, che sparerà i primi uomini che visiteranno la Luna.
Il modulo di comando dell’Apollo 11 verrà battezzato “Columbia” mentre il Lunar Module (LM) verrà chiamato Eagle (Aquila), uno dei più significativi simboli degli Stati Uniti. Contrariamente a quanto si potrebbe essere indotti a pensare, dopo aver letto quanto sopra, il riferimento al nome Columbia pare essere stato un omaggio allo scopritore del continente americano, Cristoforo Colombo (identificando gli astronauti con lo scopritore delle indie, poi rivelatesi l’America), più che un omaggio al lungimirante scrittore dell’800 di romanzi, ante litteram, di fantascienza.
Oggi, dunque, godiamoci le celebrazioni dei cinquant’anni passati “dal grande balzo dell’umanità”, con la consapevolezza che, per chi quei giorni li ha vissuti, nessuna operazione nostalgia potrà far rivivere le emozioni, che le sgranatissime immagini in bianco e nero, hanno evocato allora. Consoliamoci con la speranza di poter riviverne altre, più entusiasmanti che ci arricchiranno di conoscenza ed avventura.
Pierandrea Brancaleoni
Bibliografia:
AA.VV - Il libro della Luna – Arnoldo Mondadori Editore Epoca - 1969
Rivista l’Astronomia – nr.90 del 1989
Rivista l’Astronomia – Speciale Astronautica: 50 anni di missioni spaziali - 2007
Rivista Coelum – supplemento al nr.21 – Edizioni Scientifiche Coelum – 1989
Scott L. Montgomery – Luna – Edizioni White Star – 2009
Arthur C. Clarke – La fabbrica delle lune – Feltrinelli Editore – 1958
Massimo Capaccioli – Luna Rossa – Carrocci Editore – 2019
Eugene Cernan e Don Davis – L’ultimo uomo sulla Luna – Cartabianca Publishing - 2018
Delfo Bulleri – Guida al motore a razzo – Editrice Sandit - 2014
Chris Impey – Il futuro nello spazio – Le Scienze – 2016
J.E. Guest/R. Greeley – La geologia della Luna – Newton Compton – 1979
Manuale della sezione Luna UAI – Conoscere e osservare la Luna (dal disegno al CCD) – 2002
Ernest H. Cherrington Jr. - Exploring The Moon through binolulars and small telescopes – Dover Publications – 1969.1984
Siti web:
http://www.apolloarchive.com/apollo_archive.html
https://complottilunari.blogspot.com/2010/03/luna-si-ci-siamo-andati-faq.html