Il complesso litico di Luserna (Trento)

Il complesso litico di Luserna (Trento)
Cecilia Contarin*, Adriano Gaspani**
* A.A.E.  (Associazione Astronomica Euganea); S.I.A. (Società Italiana di Archeoastronomia).
** S.E.A.C. (European Society for Astronomy in Culture); S.I.A. (Società Italiana di Archeoastronomia).
Introduzione
Nei pascoli alpini del Comune di Luserna (Trento) a 1453 m di quota, in località Bìsele, si ergono alcune grandi pietre che gli abitanti da sempre chiamano ‘menhir’ (FIG. 1). Pur venendo annoverate tra gli elementi di particolare interesse ambientale e archeologico da salvaguardare e valorizzare nel “Programma transregionale grandi altipiani” del 2001 (TRENTI KAUFMAN A. M. 2001), i monoliti non sono mai stati oggetto di indagine scientifica fino all’inizio del presente studio nel 2021. Eppure, è sempre stato chiaro che, qualora le pietre fossero state identificate come struttura megalitica complessa, avrebbero costituito un unicum importante in quegli altopiani. Abbiamo, dunque, esaminato il sito al fine di verificare la sua significatività dal punto di vista archeoastronomico. Abbiamo applicato i metodi e i moderni strumenti della ricerca archeoastronomica e ricostruito il cielo visibile nell’epoca megalitica che corrisponde alla collocazione cronologica più probabile. Infine, abbiamo verificato i risultati mediante le tecniche più efficaci della Statistica e della Teoria della Probabilità.
FIG. 1. Le pietre note come ‘menhir’
1. Perché allineamenti di pietre?
Fin dalle epoche più antiche, l’osservazione di fenomeni astronomici periodici fu essenziale per poter calcolare l’alternarsi delle stagioni, per programmare il trasferimento da valle alle alture per le attività stagionali e la transumanza. Si prestava attenzione alla posizione in cui sorgeva e tramontava il Sole all’orizzonte naturale locale, o al punto dove, nel cielo ancora scuro poco prima dell’alba, si vedeva nuovamente apparire una stella dopo un periodo di invisibilità, o dove essa tramontava nell’ultimo giorno di visibilità, poco dopo il tramonto del Sole: questi momenti potevano definire l’inizio di una nuova stagione e in archeoastronomia si definiscono rispettivamente levata eliaca e tramonto eliaco. Allineati in tali direzioni, si conficcavano nel terreno pali di legno o si disponevano pietre che fungevano da mire per l’osservazione. Anche particolari elementi del profilo dell’orizzonte naturale, come le vette o le selle dei monti, rappresentavano ottime mire.
Gli allineamenti erano simbolici più che ‘esatti’: erano, cioè, diretti approssimativamente verso un segmento di orizzonte (non verso il punto preciso) nel quale si vedeva sorgere o tramontare un determinato astro. 
Ma gli allineamenti megalitici non erano semplicemente pietre-calendari od osservatori: essi esprimevano una concezione della vita e dell’universo, quindi un’identità culturale e comunitaria. Gli antichi, ad esempio, attribuivano un notevole significato simbolico alle direzioni solstiziali: il solstizio d’inverno annunciava l’allungarsi del periodo di luce, rappresentava la rinascita o la permanenza dopo la morte, manifestava il nesso inscindibile tra ciclo dell’esistenza umana e cicli cosmici. Non a caso, molte tombe megalitiche sono orientate proprio verso il Sole che sorge nel giorno più corto dell’anno.
Anche osservare i punti di sorgere e tramontare della Luna ai lunistizi  era abitudine diffusa, attestata in tutto l’Arco Alpino. Per le antiche società la Luna era una divinità o l’astro della fecondità e della ciclicità, a volte un’entità che giudicava dall’alto.
Ogni 18.61 anni, poi, quando raggiunge la massima declinazione , essa ‘supera’ il Sole. Alla massima declinazione positiva disegna in cielo un percorso più ampio di quello compiuto dall’astro diurno al solstizio estivo: essa, infatti, sorge e tramonta più a nord del Sole. Viceversa, alla massima declinazione negativa percorre un arco più piccolo della nostra stella al solstizio invernale, restando molto vicina al sud. Gli attenti osservatori antichi notavano il fenomeno e probabilmente lo consideravano una ierofania o una stranezza affascinante.
È interessante, dunque, cercare di comprendere se anche il complesso litico di Luserna avesse un valore cultuale e se fosse un antico osservatorio. Certo dal sito si godeva di un’ampia vista a 360°, non impedita da rilievi troppo elevati né da fitta vegetazione, come attestano i dati archeologici e palinologici relativi a qualche millennio a.C. 
2. Il contesto archeologico preistorico e protostorico
Negli ultimi mesi alcuni archeologi ed esperti di tecniche di rilevamento hanno iniziato a interessarsi al sito e, durante una semplice ricognizione di superficie, hanno individuato numerosi frammenti ceramici e piccole schegge di selce. Ciò è insufficiente per un’ipotesi di datazione, tuttavia sembra confermare la frequentazione umana del sito e dell’area in epoca remota. 
È noto, infatti, che fin dal Paleolitico l’uomo utilizzava grotte e ripari nelle Prealpi trentine fino a quote di 1500 m, erigeva accampamenti estivi presso zone umide o torbiere e lasciava traccia di lavorazione delle pietre in vari siti, come a Malga Palù e nei pressi di Malga Millegrobbe di Sopra, a 1.4 km dai nostri ‘menhir’ (DALMERI 1985; CUSINATO, BASSETTI 2007).
Nel Mesolitico si spinse fino ai 2000 m. (FRIGO, MARTELLO 1994) e nel Neolitico, dal IV-III millennio a.C., le comunità che frequentavano stagionalmente l’Altopiano per svolgervi attività di caccia e allevamento degli ovini avviarono il processo di deforestazione per procurarsi combustibile e sottrarre aree pascolabili al bosco di faggi e pini. In seguito, nell’età del rame e del bronzo, la fiorente attività metallurgica (testimoniata da un centinaio di aree fusorie ritrovate a Luserna) e lo sfruttamento delle torbiere modificarono ulteriormente il paesaggio (DE GUIO 2005; MARZATICO 2007; ŠEBESTA 2000). 
3. Il contesto etnologico
Negli altopiani trentini e in quelli veneti limitrofi è viva la convinzione che particolari pietre fossero utilizzate nella preistoria come antichi altari; un esempio noto è l’‘altar Knotto’, sporgente a strapiombo sulla Val d’Astico. A meno di 1 km dai ‘menhir’ da noi studiati, invece, è una spessa lastra calcarea grande 3x3m che poggia, perfettamente orizzontale, su massicci blocchi tra loro simili per forma e dimensioni (FIG. 2). Nella zona tale struttura è nota come ‘il dolmen’ o ‘l’altare’.
   FIG. 2. Le pietre di Luserna note come ‘dolmen’.        
Anche la toponomastica allude a cerchi litici e ‘dolmen’; basti ricordare la ‘strada del dorle’, ossia ‘del dolmen’, a Lavarone (FRANCO 2003), paese confinante con Luserna. Il sentiero è intricato e le grandi pietre appaiono in parte coperte da vegetazione e spostate rispetto alla posizione originaria descritta nel volume di T. Franco.
Altri massi, nelle leggende popolari, erano sede di ritrovo per streghe e demoni.
In paese, inoltre, fino a metà del secolo scorso, per celebrare l’arrivo periodico del sacerdote, si accendevano fuochi o polvere da sparo nelle coppelle di un masso ‘sacro’ in porfido, detto ‘pietra del prete’ (FIG.3). 
FIG. 3. La ‘Pietra del prete’ con le sue 10 cavità.
Significativa anche una coppia di monoliti vicini al villaggio dell’età del ferro di Bostel di Rotzo (VI), a qualche km dal Bìsele. Dagli archeologi dell’Università di Padova che li hanno esaminati non è stata esclusa la funzione rituale e sacrale delle pietre (MAGNINI 2017). Queste, al nostro esame archeoastronomico, sono risultate allineate in direzione est-ovest. Sono alte circa 120 cm e misurano alla base 190 cm l’una e 80 cm l’altra.
Infine, feste e racconti dell’antica tradizione attestano l’interesse per fenomeni astronomico-calendariali: il solstizio d’inverno veniva celebrato, la luce della Luna o delle stelle poteva trasformare le pietre in creature paurose che talvolta un viandante notturno accoltellava credendo di difendersi dall’Orco (MIORELLI 2006). In paese qualcuno ancora sa indicare un grande masso ‘pugnalato’, o riconosce un profilo vagamente antropomorfo nel monolite in porfido vicino ai ‘menhir’.
E la fiaba della Luna che scende sulla Terra a punire e rapire un ladro di lenticchie e poi, per anni, più non torna non potrebbe costituire l’eco di un tempo in cui si temeva l’astro notturno quando sembrava ‘scendere’ sulla terra, scivolare sopra il profilo dei monti, bassissimo alla declinazione estrema inferiore? Testimonianza, forse, di arcaiche osservazioni astronomiche lunari. 
4. La cartografia storica
L’archivio cartografico storico della Provincia di Trento conserva documenti utili per ricostruire la storia del sito di nostro interesse. I fogli catastali degli Abbozzi di campagna del Comune di Luserna del 1857 e le carte del Catasto Franceschino (KULTURENSKELETTKARTE 1875) mostrano che, in circa tre secoli, poco è mutato nella gestione del territorio: l’area dei monoliti era destinata al pascolo, allora come oggi, ed era completamente sgombra da edifici in muratura, a parte qualche rara malga (FIG. 4).
 
FIG. 4. Particolare della carta del Catasto Franceschini del 1856-57 in cui si notano alpeggi e pascoli in verde e indichiamo l’area dei monoliti con un triangolino rosso.
5. L’analisi archeoastronomica
5.1 La struttura del sito e la geologia
Fino a quando è iniziato questo studio, a Luserna si parlava di due megaliti soltanto, per tradizione denominati ‘menhir’. Nessuno aveva mai preso in considerazione altre pietre che, invece, fin dalla prima ricognizione, sono risultate interessanti per l’archeoastronomia (FIGG. 5-6).
FIG.5. Il sito in un’immagine rilevata con un drone Dji Mavic Air2.
FIG.6. Il sito visto da sud. In primo piano la pietra che chiameremo C, a destra la Pietra B, a sinistra la Pietra A e, sul dosso più in fondo, i due ‘Menhir’ maggiori.
I due ‘menhir’ misurano circa 1.8 m in altezza e 2.8 m alla base e sono tipici calcari dell’Altopiano caratterizzato geologicamente da rocce carbonatiche mesozoiche (BARBIERI 1993; CARTA GEOLOGICA 2019). 
Appaiono simili per forma e dimensioni, ma i geologi hanno osservato che quello più a sud (che chiameremo Menhir 2), sulla sommità è costellato di conchiglie fossili e, nel suo lato ovest, presenta una superficie piuttosto levigata; perciò, per origine lo reputano una pietra di scogliera. Presenta, poi, fessure di stratificazione pressoché verticale, anziché orizzontale come nelle formazioni rocciose locali. Appare, inoltre, una certa discontinuità tra la base della pietra e il suolo. Infine, la posizione eretta dei due megaliti non sembra attribuibile semplicemente a fenomeni glaciocarsici che potrebbero aver modellato il terreno e inclinato le pietre. Queste e altre caratteristiche inducono a ritenere che i monoliti siano stati deliberatamente collocati nella posizione attuale. 
Accanto a loro, c’è una terza pietra a terra, di forma e dimensioni analoghe (1x2m). Non sappiamo se in origine si trovasse eretta. Alla base appare levigata e, in uno spigolo, sembrerebbe presentare tracce di scheggiatura ai bordi di una incisione naturale che avrebbe potuto servire per facilitare lo spostamento con funi (FIG. 7).
FIG. 7. Il monolite a terra, in parte ricoperto da vegetazione.
A sud del dosso dei ‘menhir’ e poco discosto da un inghiottitoio carsico, tre monoliti sono disposti a triangolo, a distanze reciproche di 18, 24, 31m. Sono calcari, eccetto la pietra che denomineremo A, che è un porfido, un masso erratico lasciato dai ghiacciai in ritarata alla fine dell’ultima glaciazione e proveniente dai massicci che si trovano più a nord. Sul monolite si nota una piccola croce (peraltro simile a un’altra visibile sul cosiddetto ‘dolmen’ poco distante) e lunghe scanalature curve sull’origine delle quali gli archeologi e i geologi non sono tutti concordi (FIGG. 8-9). Il complesso litico si estende per una settantina di metri.
               
                 FIG.8. La croce incisa alla base della pietra A in porfido   
  FIG. 9. Lato est della pietra A: scanalature.
5.2 Il rilievo topografico
Il rilievo topografico è stato effettuato con l’ausilio di una bussola topografica professionale per la misura degli Azimut magnetici, i quali sono stati convertiti nei corrispondenti Azimut geodetici utilizzando una base GPS per eseguire la calibrazione rimuovendo sia la declinazione magnetica sia le perturbazioni magnetiche locali. Opportune tecniche di calcolo hanno consentito ulteriori verifiche degli azimut. 
Il controllo della posizione dei vari componenti (FIGG. 10-11) è stato eseguito anche esaminando numerose immagini satellitari disponibili online.
Le coordinate rilevate per ciascun monolite del complesso di Luserna sono riferite al sistema WGS84 (“World Geodetic System” 1984).
                 
FIG. 10. Denominazione degli elementi del sito.
FIG. 11. Distanze tra i monoliti.
5.3 Gli allineamenti rilevati
Nel sito si rilevano 7 allineamenti significativi per l’archeoastronomia con i rispettivi complementari (FIG. 12). Abbiamo considerato anche l’allineamento simbolico che si estende dalla coppia dei Menhir 1 e 2 al settore di orizzonte verso cui sono inclinati, come pure il suo complementare nella direzione opposta: la tradizione locale ritiene che tale linea abbia un importante significato simbolico e astronomico.
FIG. 12. Gli allineamenti rilevati e i rispettivi azimut geodetici.
Gli Azimut geodetici (Az) degli allineamenti e l’altezza angolare apparente dell’orizzonte naturale locale (ho) nelle direzioni degli allineamenti stessi sono riportati in tabella (FIG. 13).
FIG. 13. Gli allineamenti rilevati, gli azimut e l’altezza dell’orizzonte naturale nella direzione di ciascuna linea.
I margini d’errore riportati si riferiscono ad un livello 1σ nella funzione densità di probabilità associata alle misure ottenute. 
I margini di errore sugli Azimut misurati di fatto sono sempre ottimistici, in quanto si riferiscono agli allineamenti passanti per l’asse centrale dei monoliti; in realtà, non abbiamo alcuna fonte certa che attesti in modo inequivocabile se gli antichi traguardassero il sorgere e il tramontare degli astri lungo la linea congiungente le cime o i lati dei megaliti, né se osservassero stando ritti in piedi o, invece, seduti o inginocchiati.
I margini di errore sulle altezze angolari apparenti, essendo state ottenute per sintesi SRTM, sono dell’ordine di ±0°.1.
5.4 Il profilo dell’orizzonte naturale locale
Il profilo dell’orizzonte naturale locale (“skyline”) è complesso a causa dell’orografia rapidamente variabile. Utilizzando, però, i dati SRTM e quelli del satellite ASTER (ASTER GDEM) , stato è  possibile ricostruirlo accuratamente su tutti i 360° dell’orizzonte osservato dal sito (FIG. 14).
FIG. 14. Particolare del profilo dell’orizzonte naturale locale nel settore sud-est sintetizzato mediante i dati SRTM
5.5 Allineamenti solari
L’analisi archeoastronomica ha mostrato la presenza di due allineamenti solari di rilievo: il primo è definito dalla linea che si stende dalla Pietra A alla Pietra B e corrisponde al sorgere del Sole all’orizzonte naturale locale al solstizio d’inverno e il secondo è l’allineamento materializzato dal Menhir 1 e dal Menhir 3, il quale è diretto verso il punto di tramonto del Sole al solstizio d’estate, durante il IV-III millennio a.C.
Prendiamo in esame il primo. Il punto teorico della levata solare solstiziale invernale corrisponde ad un Azimut geodetico pari a 130°.1, mentre l’allineamento interseca il piano tangente alla sfera celeste ad un Azimut geodetico pari a 130°.5. Il margine d’errore sull’Azimut del target astronomico è dell’ordine di ± 0°.1. La differenza tra gli Azimut osservato e calcolato è pari a + 0°.4 (FIGG. 15-16).
FIG. 15. Sorgere del Sole al solstizio d’inverno nel IV-III millennio a.C. all’orizzonte naturale locale lungo la linea materializzata dai monoliti A e B. 
FIG. 16. Sorgere del Sole al solstizio d’inverno lungo la linea definita dalle pietre A-B.
Esaminiamo ora il secondo allineamento solare: il punto teorico del tramonto del Sole al solstizio estivo corrisponde ad un Azimut geodetico pari a 304°.3, mentre l’allineamento interseca il piano tangente alla sfera celeste ad un Azimut geodetico di 304°.4. Il margine d’errore sull’Azimut del target astronomico è, anche in questo caso, pari a ±0°.1.  La differenza tra gli Azimut osservato e calcolato è uguale a +0°.1.
5.6 Allineamenti lunari 
L’analisi archeoastronomica ha mostrato che, approssimativamente nella direzione dell’allineamento materializzato dalla Pietra B e dalla Pietra A (Azimut 310°.5), si verificava il tramonto della Luna al lunistizio estremo superiore (δ=ε+i), nel punto all’orizzonte naturale locale di Azimut 311°.8 (calcolato con un margine d’errore dell’ordine di ± 0°.1). La differenza tra Azimut misurato per l’allineamento e Azimut calcolato è pari a -1°.3 ± 0°.3. 
Un secondo allineamento lunare sembra possibile lungo la linea del Menhir 3 e Menhir 1, di Azimut 124°.4. L’Azimut geodetico teorico di levata della Luna al lunistizio intermedio inferiore (-e +i) è pari a 123°.4 ± 0°.1 La differenza tra l’Azimut misurato per l’allineamento e l’Azimut calcolato è pari a +1°.
5.7 Allineamenti stellari
In assenza di una datazione archeologica del sito, in un primo momento ci eravamo limitati a verificare solo la sussistenza di allineamenti solari e lunari, non stellari. Infatti, le linee solari e lunari sono relativamente poco sensibili all’incertezza sulla datazione, in quanto la variazione degli Azimut di sorgere e di tramontare di Sole e Luna è lievissima nei millenni, dipendendo strettamente dalle lente oscillazioni dell’obliquità dell’eclittica nel tempo. Viceversa, la posizione dei punti di sorgere e di tramontare delle stelle all’orizzonte astronomico e naturale locale varia molto più velocemente, a causa del fenomeno della precessione lunisolare . Perciò, avanzare ipotesi sulle orientazioni stellari è difficile, non disponendo di una solida cronologia del sito. Ma non è impossibile, se si utilizzano funzioni molto efficaci.
Inizialmente, riferendoci ai millenni V-II a.C. (corrispondenti all’epoca megalitica), per ogni intervallo temporale di 100 anni e per ogni linea di pietre abbiamo ricercato la stella (target astronomico) tale per cui la differenza tra Azimut dell’allineamento e Azimut della stella in levata/tramonto eliaci fosse il più possibile prossima a 0. Più precisamente, doveva tendere a 0 il “pointing error” che tiene conto della differenza in Azimut ma anche in altezza sia della stella all’orizzonte locale sia del punto intersezione tra la linea materializzata dalle pietre e il piano tangente la sfera celeste all’orizzonte locale (FIG. 17). 
FIG. 17. A indica il punto intersezione dell’allineamento con la sfera celeste, B il punto di levata/tramonto della stella all’orizzonte naturale locale, Θ il “pointing error” da calcolare.
Si è stabilito di accettare stelle con magnitudine ≤ 3 e un pointing error ≤1.
L’epoca in cui il “pointing error” approssima lo 0 corrisponde a quella in cui un osservatore avrebbe visto la stella target sorgere/tramontare proprio nella direzione della linea di monoliti considerata (un es. in FIG. 18).
FIG. 18. Variazione dell’Azimut di tramonto eliaco di α Vir (Spica) nel tempo e individuazione dell’epoca in cui il “pointing error” è prossimo a zero (-3390).
Poi, abbiamo confrontato i risultati con quelli ottenibili adottando un metodo analogo, ma riferito alla declinazione. Considerando i medesimi intervalli temporali di 100 anni e per ogni linea di pietre, abbiamo ricercato il target astronomico tale per cui la differenza tra declinazione (δL) dell’allineamento e declinazione (δS) della stella in levata/tramonto eliaci fosse il più possibile prossima a 0. Noti Azimut della linea di pietre, latitudine del luogo φ, altezza h del punto in cui l’allineamento L interseca la sfera celesta sull’orizzonte naturale locale, abbiamo applicato la formula di Eulero: sin δ= cos(Az) cos(ϕ) cos(h)+sin(ϕ) sin(h). La funzione inversa corrisponde a δL. Quindi, utilizzando il calcolo e i cataloghi stellari che si riferiscono alla precessione rigorosa, per ogni possibile target astronomico (stella di magnitudine ≤ 3) di ciascuna linea di pietre abbiamo individuato due epoche t₁ e t₂ in cui i valori di declinazione δ₁ e δ₂ della stella rispettassero il criterio seguente: δ₁ < δL < δ₂. Interpolando linearmente tra i due valori prossimi a δ(L) e applicando il polinomio di Newton di ordine 1, si è ottenuta la datazione ottimale t*, cioè l’epoca in cui la differenza tra declinazione della stella e declinazione della linea di monoliti è pari o prossima a 0.  Infine, si è calcolata l’incertezza sulla datazione.
5.8 Datazione ottimale e datazione media
Per ogni linea astronomicamente significativa, si possono trovare target stellari diversi in epoche diverse. La variazione della loro declinazione nel tempo e la correlazione con la declinazione dell’allineamento considerato si possono rappresentare graficamente (FIG. 19).
FIG. 19. Target stellari per l’allineamento con δL=46°.3 e Az=20°.9, variazione di declinazione nel tempo e identificazione del tempo ottimale t* per ciascun target stellare.
Identificata con buona approssimazione l’epoca ottimale t* in cui la declinazione di ogni target astronomico è uguale o prossima a quella dell’allineamento, si calcola facilmente la media di tutte le datazioni ottimali individuali; in altri termini, si ricava la datazione media tm della linea di monoliti, e la relativa incertezza (scarto quadratico medio). Per l’esempio in FIG. 18, si ha tm= -3052 ±603 anni.
Per ognuna delle 12 linee stellari astronomicamente significative è stato calcolato il tempo medio. Infine, dai 12 valori così ottenuti, mediando, si è ricavata la datazione media complessiva (tmc) dell’intero sito: tmc = -3252 ± 336 anni. Il risultato è avvalorato dalla funzione densità di probabilità (FIG. 20).
FIG. 20. La funzione densità di probabilità mostra che la datazione media del complesso megalitico corrisponde bene al valore calcolato -3252.
6. Discussione
Quando si affronta l’indagine archeoastronomica di un sito preistorico, inevitabilmente ci si trova di fronte a un limite: l’assenza di fonti dirette che ci diano informazioni sull’origine, l’utilizzo, l’evoluzione del sito e dell’ambiente. Permane sempre, quindi, un inevitabile margine di incertezza sia nello stabilire Azimut e altezza della direzione lungo cui le pietre sono allineate sia nel valutare l’affidabilità della soluzione archeoastronomica. Tuttavia, procedendo in modo rigoroso, si può pervenire a risultati interessanti e procedere a un esame critico dei medesimi. 
Il sito di Luserna-Bìsele, dunque, è un complesso autoconsistente costituito non solo dai due megaliti denominati ‘menhir’ dai residenti, bensì da più elementi litici che archeologi e geologi non escludono possano essere stati deliberatamente collocati o ‘assestati’ nella posizione attuale. La memoria storica della popolazione locale assegna particolare valore etnologico alle strutture litiche di Luserna, tanto che risulta naturale ipotizzare che esse siano state un luogo sacro probabilmente durante il IV-III millennio a.C., con funzione astronomico-calendariale. Funzione fondamentale soprattutto quando gruppi umani iniziavano a frequentare ambienti nuovi, nei quali bisognava imparare presto a conoscere e gestire le risorse e il tempo. Di fatto, gli allineamenti rilevati hanno mostrato di essere astronomicamente significativi, due di essi altamente significativi e cioè gli allineamenti solari. 
Il primo di questi è formato dalle Pietre A e B e interseca il pianto tangente alla sfera celeste nel punto di sorgere del Sole al solstizio d’inverno, lungo il profilo dell’orizzonte locale. Il confronto tra le funzioni densità di probabilità (p.d.f.) dell’allineamento misurato e quella del corrispondente target astronomico mostra che le due p.d.f. si sovrappongono bene, indice che la soluzione archeoastronomica è da ritenersi affidabile (FIG. 21). In altre parole, il punto indicato dal target astronomico è posto ben all’interno dell’ellisse d’errore dell’allineamento misurato (semiassi: 3σ(Az) e 3σ(h)).
La probabilità geometrica che l’allineamento sia casuale è pari a 0.0016, equivalente a un livello di significatività statistica del 99.84%.
FIG. 21. Confronto tra le funzioni densità di probabilità (p.d.f.) dell’allineamento misurato e quella del corrispondente target astronomico (sorgere del Sole al solstizio d’inverno all’orizzonte naturale locale). Le due p.d.f. si sovrappongono bene: la soluzione archeoastronomica è da ritenersi affidabile.
Il secondo allineamento, quello definito dal Menhir 1 e dal Menhir 3, diretto verso il punto di tramonto del Sole al solstizio d’estate, può essere ritenuto reale, nonostante la sua ridotta lunghezza lineare (7m circa). Gli allineamenti corti ma genuini esistono e sono stati confermati in vari siti archeologici dell’arco alpino. La probabilità che l’allineamento sia casuale è pari a 0.0033, il livello di significatività statistica è del 99.67%.
La probabilità che i due allineamenti solari, nel complesso delle 14 linee astronomicamente significative, siano casuali risulta pari a 0.00095, quindi il livello di significatività è del 99.9%.
Nella direzione opposta, la linea di Azimut pari a 124°.4, definita dal Menhir 3 e dal Menhir 1, interseca la sfera celeste lungo l’orizzonte naturale locale nel settore in cui sorge la Luna al lunistizio intermedio inferiore (-e +i), con una discrepanza tra Azimut misurato e Azimut calcolato di +1°, valore comunemente accettato in archeoastronomia. Tuttavia, l’osservazione dei lunistizi risulta tecnicamente difficile. Questo ci induce a ritenere che l’allineamento si riferisca piuttosto a un target stellare. 
Infine, neppure il target lunare dell’allineamento formato dalle Pietre B e A può esser accettato come valido, poiché, nel confronto tra la funzione densità di probabilità (p.d.f.) dell’allineamento misurato e quella del corrispondente target astronomico (tramonto della Luna al lunistizio estremo superiore), si evidenzia che le due p.d.f. non si sovrappongono. In altre parole, il punto indicato dal target astronomico è posto all’esterno dell’ellisse d’errore dell’allineamento misurato (semiassi: 3σ(Az) e 3σ(h)). Perciò la soluzione archeoastronomica, in questo caso, non può essere accolta come valida o, per lo meno, dovrebbe essere ritenuta di ridotta probabilità. 
Sono stati individuati, poi, i possibili target stellari degli allineamenti, raffrontando Azimut del punto di sorgere/tramontare di stelle di magnitudine ≤ 3 e Azimut delle linee di monoliti, e accettando un pointing error ≤1. Si sono, quindi, confrontati i risultati ottenuti con quelli ricavabili considerando, invece, le declinazioni delle diverse linee di pietre e la variazione di declinazione dei possibili target stellari in funzione del tempo.
Applicando il polinomio di Newton di ordine 1 è stato possibile calcolare il tempo ottimale per ciascun target di ogni allineamento e, a seguire, il tempo medio di ciascuna linea astronomicamente significativa. 
Infine, è stata ricavata la datazione media complessiva (tmc) del sito intero, cioè il tempo medio di tutte le linee nel loro insieme: tmc = -3252 ± 336 anni. 
In realtà, il tempo medio del sito è un valore numerico importante, ma non coincide necessariamente con il tempo vero in cui fu utilizzato il complesso megalitico: le linee di monoliti potrebbero essere state costruite in epoche diverse. L’epoca ottimale normalmente è quella con il più alto numero di allineamenti accettati e con target astronomici di magnitudine significativa. 
In tal senso, la datazione ottimale per il sito sembra collocarsi intorno al -2600 o, meglio ancora, al -3500 (FIG. 22). In quest’epoca, infatti, quasi tutte le linee hanno target stellari ed essi sono rappresentati da stelle molto luminose, come Vega, Betelgeuse, Spica, la Cintura di Orione, α Cephei. 
Ma forse solo l’indagine archeologica potrà fornire tutti gli elementi per la definitiva collocazione cronologica del complesso litico di Luserna. 
Per concludere, i test svolti applicando le moderne teorie della probabilità e della statistica dimostrano che ciascun allineamento identificato nel sito ha una probabilità di casualità compresa tra 0.0011 e 0.0033; i 7 allineamenti stellari identificati per un’epoca coincidente con la metà del IV millennio a.C. hanno complessivamente un livello di significatività statistica pari al 99.99% e quindi non possono essere considerati casuali.
FIG. 22. Possibili target degli allineamenti riferiti al -3500.
7. Ulteriori indagini: riprese in infrarosso, in ultravioletto, con termocamera e sondaggio con contatore Geiger e rilevatore elettromagnetico 
Nelle fotografie del drone e in varie immagini satellitari, sono risultati evidenti cerchi sul terreno intorno ai tre ‘menhir’ sul dosso, oltre a un ulteriore cerchio e alcune linee presso i monoliti più a sud (pietre A, B, C). In molti siti megalitici, tali strutture spesso rivelano antichi solchi rituali che venivano tracciati per delimitare l’area ritenuta sacra e che talvolta sono ancora chiaramente visibili. Per esaminare meglio tali irregolarità del suolo e per tentare di capire se potessero o meno suggerire la presenza di eventuali materiali o elementi litici sepolti, sono state utilizzate tecniche di “remote sensing” ed effettuate riprese aeree e da terra nel vicino infrarosso. 
Le riprese sono state ripetute in diversi periodi dell’anno, sia di giorno che di notte, per ottimizzare i risultati e per ridurre al minimo il disturbo (‘rumore’) generato da vegetazione, luce del Sole e umidità dell’aria e del terreno. In realtà, per risultati ottimali, bisognerebbe effettuare riprese almeno nel medio IR.  
È stato, inoltre, elaborato un modello 3D del sito utilizzando la tecnica della fotogrammetria (FIG. 23) e lo si è confrontato con le immagini all’IR (FIG. 24).
Infine, sono stati raccolti dati relativi a radioattività (FIG. 25) ed elettromagnetismo attraverso un contatore Geiger e un rilevatore di campi elettromagnetici.
Numerose le anomalie riscontrate che ora attendono di essere adeguatamente vagliate e interpretate.
FIG. 23. Un particolare del modello 3D del sito realizzato attraverso la tecnica della fotogrammetria. Il tratteggio evidenzia il cerchio attorno ai 3 ‘menhir’.
FIG. 24. L’immagine in infrarosso (in alto) evidenzia linee tra le pietre e un cerchio più esterno, ben visibili anche nel modello 3D (in basso) ottenuto con riprese fotogrammetriche.
FIG. 25. I valori di radioattività naturale (in microsievert, μSv) registrati al suolo e lungo le linee (evidenziate con tratteggio) visibili nelle riprese aeree.
8. Conclusione
La società che ha utilizzato i megaliti a Luserna aveva conoscenze tecniche per poter calcolare con buona approssimazione allineamenti, orientazioni ed eventi astronomici significativi.
Le pietre potrebbero essere state disposte in particolari direzioni naturalmente, per effetto di fenomeni glaciocarsici. Ma l’analisi effettuata dai geologi induce a ritenere che almeno i Menhir 1 e 2 siano in una posizione decisamente non naturale.
Spesso gli uomini della preistoria e protostoria creavano allineamenti e monumenti megalitici modificando solo in parte l’ubicazione di pietre che trovavano sul posto. Essi, inoltre, frequentavano per secoli e millenni il medesimo sito megalitico e quando, con il trascorrere del tempo, gli allineamenti non corrispondevano più ai punti esatti di levata o tramonto degli astri importanti per la cultura locale, erigevano nuove pietre o riallineavano le esistenti. 
Essenziale per l’archeoastronomia è comprendere il significato simbolico, rituale e pratico che una comunità può aver attribuito alle pietre. In quest’ottica, sarebbe importante che l’archeologia verificasse la presenza o meno di elementi utili per precisare datazione, frequentazione e utilizzo del nostro sito. È legittimo, inoltre, chiedersi se originariamente ci fossero altri monoliti in loco, ma allo stato attuale della ricerca, non ci sono indizi sufficienti per stabilirlo.
L’indagine sul complesso litico di Luserna, quindi, non è conclusa: vari aspetti e dati emersi meritano senz’altro un approfondimento; resta da studiare anche la relazione tra questi megaliti e i cosiddetti ‘dolmen’ poco lontani o i monoliti con incisioni diffusi in un territorio dove consistenza etnologica, astronomica e archeologica confermano il valore e l’interesse rivestito dal sito e da queste antiche pietre.
Ringraziamenti
Si ringraziano Luigi Nicolussi Castellan e il sindaco di Luserna Gianni Nicolussi Zaiga per la costante collaborazione e il supporto alla ricerca; un grazie speciale ai soci dell’A.A.E., primo tra tutti Vinante Carlo per il continuo, prezioso ausilio tecnico e l’incoraggiamento, quindi Ercolini Jerry e Maniero Luca per essersi prodigati nella realizzazione delle riprese con drone e termocamera; un ringraziamento sentito all’ing. Nicola Albertin, esperto di scavo e tecniche di indagine, a Michele Busato, ispettore MIC per l’archeologia nell’Alto Vicentino, ai geologi e a coloro che hanno in vario modo fornito il loro aiuto.
Bibliografia
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Il complesso litico di Luserna (Trento)

Cecilia Contarin*, Adriano Gaspani**

* A.A.E.  (Associazione Astronomica Euganea); S.I.A. (Società Italiana di Archeoastronomia).
** S.E.A.C. (European Society for Astronomy in Culture); S.I.A. (Società Italiana di Archeoastronomia).

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Introduzione

Nei pascoli alpini del Comune di Luserna (Trento) a 1453 m di quota, in località Bìsele, si ergono alcune grandi pietre che gli abitanti da sempre chiamano ‘menhir’ (FIG. 1). Pur venendo annoverate tra gli elementi di particolare interesse ambientale e archeologico da salvaguardare e valorizzare nel “Programma transregionale grandi altipiani” del 2001 (TRENTI KAUFMAN A. M. 2001), i monoliti non sono mai stati oggetto di indagine scientifica fino all’inizio del presente studio nel 2021. Eppure, è sempre stato chiaro che, qualora le pietre fossero state identificate come struttura megalitica complessa, avrebbero costituito un unicum importante in quegli altopiani. Abbiamo, dunque, esaminato il sito al fine di verificare la sua significatività dal punto di vista archeoastronomico. Abbiamo applicato i metodi e i moderni strumenti della ricerca archeoastronomica e ricostruito il cielo visibile nell’epoca megalitica che corrisponde alla collocazione cronologica più probabile. Infine, abbiamo verificato i risultati mediante le tecniche più efficaci della Statistica e della Teoria della Probabilità.

FIG.1 'Menhir'

FIG. 1. Le pietre note come ‘menhir’

 

1. Perché allineamenti di pietre?

Fin dalle epoche più antiche, l’osservazione di fenomeni astronomici periodici fu essenziale per poter calcolare l’alternarsi delle stagioni, per programmare il trasferimento da valle alle alture per le attività stagionali e la transumanza. Si prestava attenzione alla posizione in cui sorgeva e tramontava il Sole all’orizzonte naturale locale, o al punto dove, nel cielo ancora scuro poco prima dell’alba, si vedeva nuovamente apparire una stella dopo un periodo di invisibilità, o dove essa tramontava nell’ultimo giorno di visibilità, poco dopo il tramonto del Sole: questi momenti potevano definire l’inizio di una nuova stagione e in archeoastronomia si definiscono rispettivamente levata eliaca e tramonto eliaco. Allineati in tali direzioni, si conficcavano nel terreno pali di legno o si disponevano pietre che fungevano da mire per l’osservazione. Anche particolari elementi del profilo dell’orizzonte naturale, come le vette o le selle dei monti, rappresentavano ottime mire.

Gli allineamenti erano simbolici più che ‘esatti’: erano, cioè, diretti approssimativamente verso un segmento di orizzonte (non verso il punto preciso) nel quale si vedeva sorgere o tramontare un determinato astro. 

Ma gli allineamenti megalitici non erano semplicemente pietre-calendari od osservatori: essi esprimevano una concezione della vita e dell’universo, quindi un’identità culturale e comunitaria. Gli antichi, ad esempio, attribuivano un notevole significato simbolico alle direzioni solstiziali: il solstizio d’inverno annunciava l’allungarsi del periodo di luce, rappresentava la rinascita o la permanenza dopo la morte, manifestava il nesso inscindibile tra ciclo dell’esistenza umana e cicli cosmici. Non a caso, molte tombe megalitiche sono orientate proprio verso il Sole che sorge nel giorno più corto dell’anno.

Anche osservare i punti di sorgere e tramontare della Luna ai lunistizi  era abitudine diffusa, attestata in tutto l’Arco Alpino. Per le antiche società la Luna era una divinità o l’astro della fecondità e della ciclicità, a volte un’entità che giudicava dall’alto.

Ogni 18.61 anni, poi, quando raggiunge la massima declinazione , essa ‘supera’ il Sole. Alla massima declinazione positiva disegna in cielo un percorso più ampio di quello compiuto dall’astro diurno al solstizio estivo: essa, infatti, sorge e tramonta più a nord del Sole. Viceversa, alla massima declinazione negativa percorre un arco più piccolo della nostra stella al solstizio invernale, restando molto vicina al sud. Gli attenti osservatori antichi notavano il fenomeno e probabilmente lo consideravano una ierofania o una stranezza affascinante.

È interessante, dunque, cercare di comprendere se anche il complesso litico di Luserna avesse un valore cultuale e se fosse un antico osservatorio. Certo dal sito si godeva di un’ampia vista a 360°, non impedita da rilievi troppo elevati né da fitta vegetazione, come attestano i dati archeologici e palinologici relativi a qualche millennio a.C. 

 

2. Il contesto archeologico preistorico e protostorico

Negli ultimi mesi alcuni archeologi ed esperti di tecniche di rilevamento hanno iniziato a interessarsi al sito e, durante una semplice ricognizione di superficie, hanno individuato numerosi frammenti ceramici e piccole schegge di selce. Ciò è insufficiente per un’ipotesi di datazione, tuttavia sembra confermare la frequentazione umana del sito e dell’area in epoca remota. 

È noto, infatti, che fin dal Paleolitico l’uomo utilizzava grotte e ripari nelle Prealpi trentine fino a quote di 1500 m, erigeva accampamenti estivi presso zone umide o torbiere e lasciava traccia di lavorazione delle pietre in vari siti, come a Malga Palù e nei pressi di Malga Millegrobbe di Sopra, a 1.4 km dai nostri ‘menhir’ (DALMERI 1985; CUSINATO, BASSETTI 2007).

Nel Mesolitico si spinse fino ai 2000 m. (FRIGO, MARTELLO 1994) e nel Neolitico, dal IV-III millennio a.C., le comunità che frequentavano stagionalmente l’Altopiano per svolgervi attività di caccia e allevamento degli ovini avviarono il processo di deforestazione per procurarsi combustibile e sottrarre aree pascolabili al bosco di faggi e pini. In seguito, nell’età del rame e del bronzo, la fiorente attività metallurgica (testimoniata da un centinaio di aree fusorie ritrovate a Luserna) e lo sfruttamento delle torbiere modificarono ulteriormente il paesaggio (DE GUIO 2005; MARZATICO 2007; ŠEBESTA 2000). 

 

3. Il contesto etnologico

Negli altopiani trentini e in quelli veneti limitrofi è viva la convinzione che particolari pietre fossero utilizzate nella preistoria come antichi altari; un esempio noto è l’‘altar Knotto’, sporgente a strapiombo sulla Val d’Astico. A meno di 1 km dai ‘menhir’ da noi studiati, invece, è una spessa lastra calcarea grande 3x3m che poggia, perfettamente orizzontale, su massicci blocchi tra loro simili per forma e dimensioni (FIG. 2). Nella zona tale struttura è nota come ‘il dolmen’ o ‘l’altare’.

FIG. 2 'Dolmen'

   FIG. 2. Le pietre di Luserna note come ‘dolmen’.        


Anche la toponomastica allude a cerchi litici e ‘dolmen’; basti ricordare la ‘strada del dorle’, ossia ‘del dolmen’, a Lavarone (FRANCO 2003), paese confinante con Luserna. Il sentiero è intricato e le grandi pietre appaiono in parte coperte da vegetazione e spostate rispetto alla posizione originaria descritta nel volume di T. Franco.

Altri massi, nelle leggende popolari, erano sede di ritrovo per streghe e demoni.

In paese, inoltre, fino a metà del secolo scorso, per celebrare l’arrivo periodico del sacerdote, si accendevano fuochi o polvere da sparo nelle coppelle di un masso ‘sacro’ in porfido, detto ‘pietra del prete’ (FIG.3). 

FIG. 3 Pietra del prete

FIG. 3. La ‘Pietra del prete’ con le sue 10 cavità.


Significativa anche una coppia di monoliti vicini al villaggio dell’età del ferro di Bostel di Rotzo (VI), a qualche km dal Bìsele. Dagli archeologi dell’Università di Padova che li hanno esaminati non è stata esclusa la funzione rituale e sacrale delle pietre (MAGNINI 2017). Queste, al nostro esame archeoastronomico, sono risultate allineate in direzione est-ovest. Sono alte circa 120 cm e misurano alla base 190 cm l’una e 80 cm l’altra.

Infine, feste e racconti dell’antica tradizione attestano l’interesse per fenomeni astronomico-calendariali: il solstizio d’inverno veniva celebrato, la luce della Luna o delle stelle poteva trasformare le pietre in creature paurose che talvolta un viandante notturno accoltellava credendo di difendersi dall’Orco (MIORELLI 2006). In paese qualcuno ancora sa indicare un grande masso ‘pugnalato’, o riconosce un profilo vagamente antropomorfo nel monolite in porfido vicino ai ‘menhir’.

E la fiaba della Luna che scende sulla Terra a punire e rapire un ladro di lenticchie e poi, per anni, più non torna non potrebbe costituire l’eco di un tempo in cui si temeva l’astro notturno quando sembrava ‘scendere’ sulla terra, scivolare sopra il profilo dei monti, bassissimo alla declinazione estrema inferiore? Testimonianza, forse, di arcaiche osservazioni astronomiche lunari. 

 

4. La cartografia storica

L’archivio cartografico storico della Provincia di Trento conserva documenti utili per ricostruire la storia del sito di nostro interesse. I fogli catastali degli Abbozzi di campagna del Comune di Luserna del 1857 e le carte del Catasto Franceschino (KULTURENSKELETTKARTE 1875) mostrano che, in circa tre secoli, poco è mutato nella gestione del territorio: l’area dei monoliti era destinata al pascolo, allora come oggi, ed era completamente sgombra da edifici in muratura, a parte qualche rara malga (FIG. 4).

FIG. 4 Carta

FIG. 4. Particolare della carta del Catasto Franceschini del 1856-57 in cui si notano alpeggi e pascoli in verde e indichiamo l’area dei monoliti con un triangolino rosso.

 

5. L’analisi archeoastronomica

5.1 La struttura del sito e la geologia

Fino a quando è iniziato questo studio, a Luserna si parlava di due megaliti soltanto, per tradizione denominati ‘menhir’. Nessuno aveva mai preso in considerazione altre pietre che, invece, fin dalla prima ricognizione, sono risultate interessanti per l’archeoastronomia (FIGG. 5-6).

FIG. 5 Foto da drone

FIG.5. Il sito in un’immagine rilevata con un drone Dji Mavic Air2.

 

FIG. 6 Sito da sud

FIG.6. Il sito visto da sud. In primo piano la pietra che chiameremo C, a destra la Pietra B, a sinistra la Pietra A e, sul dosso più in fondo, i due ‘Menhir’ maggiori.

 

I due ‘menhir’ misurano circa 1.8 m in altezza e 2.8 m alla base e sono tipici calcari dell’Altopiano caratterizzato geologicamente da rocce carbonatiche mesozoiche (BARBIERI 1993; CARTA GEOLOGICA 2019). 

Appaiono simili per forma e dimensioni, ma i geologi hanno osservato che quello più a sud (che chiameremo Menhir 2), sulla sommità è costellato di conchiglie fossili e, nel suo lato ovest, presenta una superficie piuttosto levigata; perciò, per origine lo reputano una pietra di scogliera. Presenta, poi, fessure di stratificazione pressoché verticale, anziché orizzontale come nelle formazioni rocciose locali. Appare, inoltre, una certa discontinuità tra la base della pietra e il suolo. Infine, la posizione eretta dei due megaliti non sembra attribuibile semplicemente a fenomeni glaciocarsici che potrebbero aver modellato il terreno e inclinato le pietre. Queste e altre caratteristiche inducono a ritenere che i monoliti siano stati deliberatamente collocati nella posizione attuale. 

Accanto a loro, c’è una terza pietra a terra, di forma e dimensioni analoghe (1x2m). Non sappiamo se in origine si trovasse eretta. Alla base appare levigata e, in uno spigolo, sembrerebbe presentare tracce di scheggiatura ai bordi di una incisione naturale che avrebbe potuto servire per facilitare lo spostamento con funi (FIG. 7).

FIG.7 Menhir 3

FIG. 7. Il monolite a terra, in parte ricoperto da vegetazione.

 

A sud del dosso dei ‘menhir’ e poco discosto da un inghiottitoio carsico, tre monoliti sono disposti a triangolo, a distanze reciproche di 18, 24, 31m. Sono calcari, eccetto la pietra che denomineremo A, che è un porfido, un masso erratico lasciato dai ghiacciai in ritarata alla fine dell’ultima glaciazione e proveniente dai massicci che si trovano più a nord. Sul monolite si nota una piccola croce (peraltro simile a un’altra visibile sul cosiddetto ‘dolmen’ poco distante) e lunghe scanalature curve sull’origine delle quali gli archeologi e i geologi non sono tutti concordi (FIGG. 8-9). Il complesso litico si estende per una settantina di metri.

FIG. 8 CROCE         FIG. 9 A

 FIG.8. La croce incisa alla base della pietra A in porfido     FIG. 9. Lato est della pietra A: scanalature

 

5.2 Il rilievo topografico

Il rilievo topografico è stato effettuato con l’ausilio di una bussola topografica professionale per la misura degli Azimut magnetici, i quali sono stati convertiti nei corrispondenti Azimut geodetici utilizzando una base GPS per eseguire la calibrazione rimuovendo sia la declinazione magnetica sia le perturbazioni magnetiche locali. Opportune tecniche di calcolo hanno consentito ulteriori verifiche degli azimut. 

Il controllo della posizione dei vari componenti (FIGG. 10-11) è stato eseguito anche esaminando numerose immagini satellitari disponibili online.

Le coordinate rilevate per ciascun monolite del complesso di Luserna sono riferite al sistema WGS84 (“World Geodetic System” 1984).

 

Fig 10Fig 11

                FIG. 10. Denominazione degli elementi del sito.                    FIG. 11. Distanze tra i monoliti.

Curiose le distanze tra i monoliti. Le pietre A, B, C costituiscono i vertici di un triangolo rettangolo i cui lati hanno misure che farebbero pensare a una terna pitagorica, combinazione abbastanza frequente nei siti megalitici dell'arco alpino. Verrebbe da ipotizzare che la struttura sia stata progettata utilizzando come unità di misura uno strumento (un bastone? Una corda?) la cui lunghezza corrispondeva all'incirca ai nostri 6 metri (o a qualche multiplo o sottomultiplo), per cui i catati del triangolo risulterebbe misurare uno 3 unità e l'latro 4, l'ipotenusa, invece, 5.

Le distanze tra i Menhir 1 e 2 e le pietre A, B, C, inoltre, corrispondono approssimativamente al doppio delle misure precedenti.

5.3 Gli allineamenti rilevati

Nel sito si rilevano 7 allineamenti significativi per l’archeoastronomia con i rispettivi complementari (FIG. 12). Abbiamo considerato anche l’allineamento simbolico che si estende dalla coppia dei Menhir 1 e 2 al settore di orizzonte verso cui sono inclinati, come pure il suo complementare nella direzione opposta: la tradizione locale ritiene che tale linea abbia un importante significato simbolico e astronomico.

FIG. 12 allineam

FIG. 12. Gli allineamenti rilevati e i rispettivi azimut geodetici.

 

Gli Azimut geodetici (Az) degli allineamenti e l’altezza angolare apparente dell’orizzonte naturale locale (ho) nelle direzioni degli allineamenti stessi sono riportati in tabella (FIG. 13).

FIG. 13 tabella

FIG. 13. Gli allineamenti rilevati, gli azimut e l’altezza dell’orizzonte naturale nella direzione di ciascuna linea.

 

I margini d’errore riportati si riferiscono ad un livello 1σ nella funzione densità di probabilità associata alle misure ottenute. 

I margini di errore sugli Azimut misurati di fatto sono sempre ottimistici, in quanto si riferiscono agli allineamenti passanti per l’asse centrale dei monoliti; in realtà, non abbiamo alcuna fonte certa che attesti in modo inequivocabile se gli antichi traguardassero il sorgere e il tramontare degli astri lungo la linea congiungente le cime o i lati dei megaliti, né se osservassero stando ritti in piedi o, invece, seduti o inginocchiati.

I margini di errore sulle altezze angolari apparenti, essendo state ottenute per sintesi SRTM, sono dell’ordine di ±0°.1.

 

5.4 Il profilo dell’orizzonte naturale locale

Il profilo dell’orizzonte naturale locale (“skyline”) è complesso a causa dell’orografia rapidamente variabile. Utilizzando, però, i dati SRTM e quelli del satellite ASTER (ASTER GDEM) , stato è  possibile ricostruirlo accuratamente su tutti i 360° dell’orizzonte osservato dal sito (FIG. 14).

FIG.14 skyline

FIG. 14. Particolare del profilo dell’orizzonte naturale locale nel settore sud-est sintetizzato mediante i dati SRTM

 

5.5 Allineamenti solari

L’analisi archeoastronomica ha mostrato la presenza di due allineamenti solari di rilievo: il primo è definito dalla linea che si stende dalla Pietra A alla Pietra B e corrisponde al sorgere del Sole all’orizzonte naturale locale al solstizio d’inverno e il secondo è l’allineamento materializzato dal Menhir 1 e dal Menhir 3, il quale è diretto verso il punto di tramonto del Sole al solstizio d’estate, durante il IV-III millennio a.C.

Prendiamo in esame il primo. Il punto teorico della levata solare solstiziale invernale corrisponde ad un Azimut geodetico pari a 130°.1, mentre l’allineamento interseca il piano tangente alla sfera celeste ad un Azimut geodetico pari a 130°.5. Il margine d’errore sull’Azimut del target astronomico è dell’ordine di ± 0°.1. La differenza tra gli Azimut osservato e calcolato è pari a + 0°.4 (FIGG. 15-16).

FIG. 15 sols inv

FIG. 15. Sorgere del Sole al solstizio d’inverno nel IV-III millennio a.C. all’orizzonte naturale locale lungo la linea materializzata dai monoliti A e B. 

 

FIG. 16 alba

FIG. 16. Sorgere del Sole al solstizio d’inverno lungo la linea definita dalle pietre A-B.

 

Esaminiamo ora il secondo allineamento solare: il punto teorico del tramonto del Sole al solstizio estivo corrisponde ad un Azimut geodetico pari a 304°.3, mentre l’allineamento interseca il piano tangente alla sfera celeste ad un Azimut geodetico di 304°.4. Il margine d’errore sull’Azimut del target astronomico è, anche in questo caso, pari a ±0°.1.  La differenza tra gli Azimut osservato e calcolato è uguale a +0°.1.

 

5.6 Allineamenti lunari 

L’analisi archeoastronomica ha mostrato che, approssimativamente nella direzione dell’allineamento materializzato dalla Pietra B e dalla Pietra A (Azimut 310°.5), si verificava il tramonto della Luna al lunistizio estremo superiore (δ=ε+i), nel punto all’orizzonte naturale locale di Azimut 311°.8 (calcolato con un margine d’errore dell’ordine di ± 0°.1). La differenza tra Azimut misurato per l’allineamento e Azimut calcolato è pari a -1°.3 ± 0°.3. 

Un secondo allineamento lunare sembra possibile lungo la linea del Menhir 3 e Menhir 1, di Azimut 124°.4. L’Azimut geodetico teorico di levata della Luna al lunistizio intermedio inferiore (-e +i) è pari a 123°.4 ± 0°.1 La differenza tra l’Azimut misurato per l’allineamento e l’Azimut calcolato è pari a +1°.

 

5.7 Allineamenti stellari

In assenza di una datazione archeologica del sito, in un primo momento ci eravamo limitati a verificare solo la sussistenza di allineamenti solari e lunari, non stellari. Infatti, le linee solari e lunari sono relativamente poco sensibili all’incertezza sulla datazione, in quanto la variazione degli Azimut di sorgere e di tramontare di Sole e Luna è lievissima nei millenni, dipendendo strettamente dalle lente oscillazioni dell’obliquità dell’eclittica nel tempo. Viceversa, la posizione dei punti di sorgere e di tramontare delle stelle all’orizzonte astronomico e naturale locale varia molto più velocemente, a causa del fenomeno della precessione lunisolare . Perciò, avanzare ipotesi sulle orientazioni stellari è difficile, non disponendo di una solida cronologia del sito. Ma non è impossibile, se si utilizzano funzioni molto efficaci.

Inizialmente, riferendoci ai millenni V-II a.C. (corrispondenti all’epoca megalitica), per ogni intervallo temporale di 100 anni e per ogni linea di pietre abbiamo ricercato la stella (target astronomico) tale per cui la differenza tra Azimut dell’allineamento e Azimut della stella in levata/tramonto eliaci fosse il più possibile prossima a 0. Più precisamente, doveva tendere a 0 il “pointing error” che tiene conto della differenza in Azimut ma anche in altezza sia della stella all’orizzonte locale sia del punto intersezione tra la linea materializzata dalle pietre e il piano tangente la sfera celeste all’orizzonte locale (FIG. 17). 

FIG. 17 point er

FIG. 17. A indica il punto intersezione dell’allineamento con la sfera celeste, B il punto di levata/tramonto della stella all’orizzonte naturale locale, Θ il “pointing error” da calcolare.

 

Si è stabilito di accettare stelle con magnitudine ≤ 3 e un pointing error ≤1.

L’epoca in cui il “pointing error” approssima lo 0 corrisponde a quella in cui un osservatore avrebbe visto la stella target sorgere/tramontare proprio nella direzione della linea di monoliti considerata (un es. in FIG. 18).

FIG. 18 target

FIG. 18. Variazione dell’Azimut di tramonto eliaco di α Vir (Spica) nel tempo e individuazione dell’epoca in cui il “pointing error” è prossimo a zero (-3390).

 

Poi, abbiamo confrontato i risultati con quelli ottenibili adottando un metodo analogo, ma riferito alla declinazione. Considerando i medesimi intervalli temporali di 100 anni e per ogni linea di pietre, abbiamo ricercato il target astronomico tale per cui la differenza tra declinazione (δL) dell’allineamento e declinazione (δS) della stella in levata/tramonto eliaci fosse il più possibile prossima a 0. Noti Azimut della linea di pietre, latitudine del luogo φ, altezza h del punto in cui l’allineamento L interseca la sfera celesta sull’orizzonte naturale locale, abbiamo applicato la formula di Eulero: sin δ= cos(Az) cos(ϕ) cos(h)+sin(ϕ) sin(h). La funzione inversa corrisponde a δL. Quindi, utilizzando il calcolo e i cataloghi stellari che si riferiscono alla precessione rigorosa, per ogni possibile target astronomico (stella di magnitudine ≤ 3) di ciascuna linea di pietre abbiamo individuato due epoche t₁ e t₂ in cui i valori di declinazione δ₁ e δ₂ della stella rispettassero il criterio seguente: δ₁ < δL < δ₂. Interpolando linearmente tra i due valori prossimi a δ(L) e applicando il polinomio di Newton di ordine 1, si è ottenuta la datazione ottimale t*, cioè l’epoca in cui la differenza tra declinazione della stella e declinazione della linea di monoliti è pari o prossima a 0.  Infine, si è calcolata l’incertezza sulla datazione.

 

5.8 Datazione ottimale e datazione media

Per ogni linea astronomicamente significativa, si possono trovare target stellari diversi in epoche diverse. La variazione della loro declinazione nel tempo e la correlazione con la declinazione dell’allineamento considerato si possono rappresentare graficamente (FIG. 19).

FIG. 19 46d

FIG. 19. Target stellari per l’allineamento con δL=46°.3 e Az=20°.9, variazione di declinazione nel tempo e identificazione del tempo ottimale t* per ciascun target stellare.

 

Identificata con buona approssimazione l’epoca ottimale t* in cui la declinazione di ogni target astronomico è uguale o prossima a quella dell’allineamento, si calcola facilmente la media di tutte le datazioni ottimali individuali; in altri termini, si ricava la datazione media tm della linea di monoliti, e la relativa incertezza (scarto quadratico medio). Per l’esempio in FIG. 18, si ha tm= -3052 ±603 anni.

Per ognuna delle 12 linee stellari astronomicamente significative è stato calcolato il tempo medio. Infine, dai 12 valori così ottenuti, mediando, si è ricavata la datazione media complessiva (tmc) dell’intero sito: tmc = -3248 ± 330 anni. Il risultato è avvalorato dalla funzione densità di probabilità (FIG. 20).

FIG. 20 pdf

FIG. 20. La funzione densità di probabilità mostra che la datazione media del complesso megalitico corrisponde bene al valore calcolato -3248.

 

6. Discussione

Quando si affronta l’indagine archeoastronomica di un sito preistorico, inevitabilmente ci si trova di fronte a un limite: l’assenza di fonti dirette che ci diano informazioni sull’origine, l’utilizzo, l’evoluzione del sito e dell’ambiente. Permane sempre, quindi, un inevitabile margine di incertezza sia nello stabilire Azimut e altezza della direzione lungo cui le pietre sono allineate sia nel valutare l’affidabilità della soluzione archeoastronomica. Tuttavia, procedendo in modo rigoroso, si può pervenire a risultati interessanti e ccondurre un esame critico dei medesimi. 

Il sito di Luserna-Bìsele, dunque, è un complesso autoconsistente costituito non solo dai due megaliti denominati ‘menhir’ dai residenti, bensì da più elementi litici che archeologi e geologi non escludono possano essere stati deliberatamente collocati o ‘assestati’ nella posizione attuale. La memoria storica della popolazione locale assegna particolare valore etnologico alle strutture litiche di Luserna, tanto che risulta naturale ipotizzare che esse siano state un luogo sacro probabilmente durante il IV-III millennio a.C., con funzione astronomico-calendariale. Funzione fondamentale soprattutto quando gruppi umani iniziavano a frequentare ambienti nuovi, nei quali bisognava imparare presto a conoscere e gestire le risorse e il tempo. Di fatto, gli allineamenti rilevati hanno mostrato di essere astronomicamente significativi, due di essi altamente significativi e cioè gli allineamenti solari. 

Il primo di questi è formato dalle Pietre A e B e interseca il pianto tangente alla sfera celeste nel punto di sorgere del Sole al solstizio d’inverno, lungo il profilo dell’orizzonte locale. Il confronto tra le funzioni densità di probabilità (p.d.f.) dell’allineamento misurato e quella del corrispondente target astronomico mostra che le due p.d.f. si sovrappongono bene, indice che la soluzione archeoastronomica è da ritenersi affidabile (FIG. 21). In altre parole, il punto indicato dal target astronomico è posto ben all’interno dell’ellisse d’errore dell’allineamento misurato (semiassi: 3σ(Az) e 3σ(h)).

La probabilità geometrica che l’allineamento sia casuale è pari a 0.0016, equivalente a un livello di significatività statistica del 99.84%.

FIG. 21  cfr

FIG. 21. Confronto tra le funzioni densità di probabilità (p.d.f.) dell’allineamento misurato e quella del corrispondente target astronomico (sorgere del Sole al solstizio d’inverno all’orizzonte naturale locale). Le due p.d.f. si sovrappongono bene: la soluzione archeoastronomica è da ritenersi affidabile.

 

Il secondo allineamento, quello definito dal Menhir 1 e dal Menhir 3, diretto verso il punto di tramonto del Sole al solstizio d’estate, può essere ritenuto reale, nonostante la sua ridotta lunghezza lineare (7m circa). Gli allineamenti corti ma genuini esistono e sono stati confermati in vari siti archeologici dell’arco alpino. La probabilità che l’allineamento sia casuale è pari a 0.0033, il livello di significatività statistica è del 99.67%.

La probabilità che i due allineamenti solari, nel complesso delle 14 linee astronomicamente significative, siano casuali risulta pari a 0.00095, quindi il livello di significatività è del 99.9%.

Nella direzione opposta, la linea di Azimut pari a 124°.4, definita dal Menhir 3 e dal Menhir 1, interseca la sfera celeste lungo l’orizzonte naturale locale nel settore in cui sorge la Luna al lunistizio intermedio inferiore (-e +i), con una discrepanza tra Azimut misurato e Azimut calcolato di +1°, valore comunemente accettato in archeoastronomia. Tuttavia, l’osservazione dei lunistizi risulta tecnicamente difficile. Questo ci induce a ritenere che l’allineamento si riferisca piuttosto a un target stellare. 

Infine, neppure il target lunare dell’allineamento formato dalle Pietre B e A può esser accettato come valido, poiché, nel confronto tra la funzione densità di probabilità (p.d.f.) dell’allineamento misurato e quella del corrispondente target astronomico (tramonto della Luna al lunistizio estremo superiore), si evidenzia che le due p.d.f. non si sovrappongono. In altre parole, il punto indicato dal target astronomico è posto all’esterno dell’ellisse d’errore dell’allineamento misurato (semiassi: 3σ(Az) e 3σ(h)). Perciò la soluzione archeoastronomica, in questo caso, non può essere accolta come valida o, per lo meno, dovrebbe essere ritenuta di ridotta probabilità. 

Sono stati individuati, poi, i possibili target stellari degli allineamenti, raffrontando Azimut del punto di sorgere/tramontare di stelle di magnitudine ≤ 3 e Azimut delle linee di monoliti, e accettando un pointing error ≤1. Si sono, quindi, confrontati i risultati ottenuti con quelli ricavabili considerando, invece, le declinazioni delle diverse linee di pietre e la variazione di declinazione dei possibili target stellari in funzione del tempo.

Applicando il polinomio di Newton di ordine 1 è stato possibile calcolare il tempo ottimale per ciascun target di ogni allineamento e, a seguire, il tempo medio di ciascuna linea astronomicamente significativa. 

Infine, è stata ricavata la datazione media complessiva (tmc) del sito intero, cioè il tempo medio di tutte le linee nel loro insieme: tmc = -3248 ± 330 anni. 

In realtà, il tempo medio del sito è un valore numerico importante, ma non coincide necessariamente con il tempo vero in cui fu utilizzato il complesso megalitico: le linee di monoliti potrebbero essere state costruite in epoche diverse. L’epoca ottimale normalmente è quella con il più alto numero di allineamenti accettati e con target astronomici di magnitudine significativa. 

In tal senso, la datazione ottimale per il sito sembra collocarsi intorno al -2600 o, meglio ancora, al -3500 (FIG. 22). In quest’epoca, infatti, quasi tutte le linee hanno target stellari ed essi sono rappresentati da stelle molto luminose, come Vega, Betelgeuse, Spica, la Cintura di Orione, α Cephei. 

Ma solo l’indagine archeologica potrà fornire tutti gli elementi per la definitiva collocazione cronologica del complesso litico di Luserna. Attendiamo, dunque, tale ricerca.

FIG. 22 3500

 FIG. 22. Possibili target degli allineamenti riferiti al -3500.

 

Si può osservare, comunque, che le stelle individuate come target degli allineamenti potevano ben segnare gli estremi della stagione calda, l’incipiente periodo freddo e, assieme ai solstizi verso i quali sono diretti due allineamenti del sito, consentivano un’efficace scansione del calendario e, di conseguenza, la programmazione delle attività (pastorali, venatorie, …) in altura. 

Per concludere, i test svolti applicando le moderne teorie della probabilità e della statistica dimostrano che ciascun allineamento identificato nel sito ha una probabilità di casualità compresa tra 0.0011 e 0.0033; i 7 allineamenti stellari identificati per un’epoca coincidente con la metà del IV millennio a.C. hanno complessivamente un livello di significatività statistica pari al 99.99% e quindi non possono essere considerati casuali.

 

7. Ulteriori indagini: riprese in infrarosso, in ultravioletto, con termocamera e sondaggio con contatore Geiger e rilevatore elettromagnetico 

Nelle fotografie del drone e in varie immagini satellitari, sono risultati evidenti cerchi sul terreno intorno ai tre ‘menhir’ sul dosso, oltre a un ulteriore cerchio e alcune linee presso i monoliti più a sud (pietre A, B, C). In molti siti megalitici, tali strutture spesso rivelano antichi solchi rituali che venivano tracciati per delimitare l’area ritenuta sacra e che talvolta sono ancora chiaramente visibili. Per esaminare meglio tali irregolarità del suolo e per tentare di capire se potessero o meno suggerire la presenza di eventuali materiali o elementi litici sepolti, sono state utilizzate tecniche di “remote sensing” ed effettuate riprese aeree e da terra nel vicino infrarosso. 

Le riprese sono state ripetute in diversi periodi dell’anno, sia di giorno che di notte, per ottimizzare i risultati e per ridurre al minimo il disturbo (‘rumore’) generato da vegetazione, luce del Sole e umidità dell’aria e del terreno. In realtà, per risultati ottimali, bisognerebbe effettuare riprese almeno nel medio IR.  

È stato, inoltre, elaborato un modello 3D del sito utilizzando la tecnica della fotogrammetria (FIG. 23) e lo si è confrontato con le immagini all’IR (FIG. 24).

Infine, sono stati raccolti dati relativi a radioattività (FIG. 25) ed elettromagnetismo attraverso un contatore Geiger e un rilevatore di campi elettromagnetici.

Numerose le anomalie riscontrate che ora attendono di essere adeguatamente vagliate e interpretate.

FIG. 23 modell

FIG. 23. Un particolare del modello 3D del sito realizzato attraverso la tecnica della fotogrammetria. Il tratteggio evidenzia il cerchio attorno ai 3 ‘menhir’.

 

FIG. 24 IR

FIG. 24. L’immagine in infrarosso (in alto) evidenzia linee tra le pietre e un cerchio più esterno, ben visibili anche nel modello 3D (in basso) ottenuto con riprese fotogrammetriche.

 

FIG, 25 rad

FIG. 25. I valori di radioattività naturale (in microsievert, μSv) registrati al suolo e lungo le linee (evidenziate con tratteggio) visibili nelle riprese aeree.

 

8. Conclusione

La società che ha utilizzato i megaliti a Luserna aveva conoscenze tecniche per poter calcolare con buona approssimazione allineamenti, orientazioni ed eventi astronomici significativi.

Le pietre potrebbero essere state disposte in particolari direzioni naturalmente, per effetto di fenomeni glaciocarsici. Ma l’analisi effettuata dai geologi induce a ritenere che almeno i Menhir 1 e 2 siano in una posizione decisamente non naturale.

Spesso gli uomini della preistoria e protostoria creavano allineamenti e monumenti megalitici modificando solo in parte l’ubicazione di pietre che trovavano sul posto. Essi, inoltre, frequentavano per secoli e millenni il medesimo sito megalitico e quando, con il trascorrere del tempo, gli allineamenti non corrispondevano più ai punti esatti di levata o tramonto degli astri importanti per la cultura locale, erigevano nuove pietre o riallineavano le esistenti. 

Essenziale per l’archeoastronomia è comprendere il significato simbolico, rituale e pratico che una comunità può aver attribuito alle pietre. In quest’ottica, sarebbe importante che l’archeologia verificasse la presenza o meno di elementi utili per precisare datazione, frequentazione e utilizzo del nostro sito. È legittimo, inoltre, chiedersi se originariamente ci fossero altri monoliti in loco, ma allo stato attuale della ricerca, non ci sono indizi sufficienti per stabilirlo.

L’indagine sul complesso litico di Luserna, quindi, non è conclusa: vari aspetti e dati emersi meritano senz’altro un approfondimento; resta da studiare anche la relazione tra questi megaliti e i cosiddetti ‘dolmen’ poco lontani o i monoliti con incisioni diffusi in un territorio dove consistenza etnologica, astronomica e archeologica confermano il valore e l’interesse rivestito dal sito e da queste antiche pietre.

 

Ringraziamenti

Si ringraziano Luigi Nicolussi Castellan e il sindaco di Luserna Gianni Nicolussi Zaiga per la costante collaborazione e il supporto alla ricerca; un grazie speciale ai soci dell’A.A.E., primo tra tutti Vinante Carlo per il continuo, prezioso ausilio tecnico e l’incoraggiamento, quindi Ercolini Jerry e Maniero Luca per essersi prodigati nella realizzazione delle riprese con drone e termocamera; un ringraziamento sentito all’ing. Nicola Albertin, esperto di scavo e tecniche di indagine, a Michele Busato, ispettore MIC per l’archeologia nell’Alto Vicentino, ai geologi e a coloro che hanno in vario modo fornito il loro aiuto.

 

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